S’io avessi le rime aspre e chiocce,
come si converrebbe al tristo buco
sovra ’l qual pontan tutte l’altre rocce,
io premerei di mio concetto il suco
più pienamente; ma perch’io non l’abbo,
non sanza tema a dicer mi conduco;
ché non è impresa da pigliare a gabbo
discriver fondo a tutto l’universo,
né da lingua che chiami mamma o babbo.

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 32, 1-9.

Un immenso lago ghiacciato ricopre il fondo dell’Inferno : il Cocito.

Le anime dei traditori sono incastrate nel ghiaccio.

Da vivi, i traditori hanno rifiutato l’ardore della carità, da morti il freddo e il gelo li puniscono in eterno.


Prima zona: Caina (Inf. 32)
Traditori dei parenti
I

Dante e Virgilio sono sul bordo del lago.

I traditori dei parenti hanno il corpo bloccato nel ghiaccio. 

Solo la testa è libera di muoversi, ma resta abbassata, per far cadere le lacrime che sgorgano gelide dagli occhi.

Dante interroga due dannati affiancati, che alzano il viso verso il poeta. Senza poter scorrere via, le loro lacrime gelano negli occhi e li accecano. I due, sofferenti e in collera, si mettono a colpirsi l’un l’altro. Un terzo dannato risponde a Dante e gli spiega che si trovano nella zona detta Caina.

La zona più esterna del nono cerchio prende il nome da Caino, omicida del fratello Abele e primo assassino della storia dell’umanità. Come racconta il libro della Genesi, Caino era figlio primogenito di Adamo ed Eva, primo uomo e prima donna. Caino si ingelosì del fratello Abele, i cui doni erano graditi a Dio, e lo uccise. Quando Dio gli chiese conto del suo comportamento, Caino non mostrò pentimento né rimorso. Dio pose allora su di lui un marchio e lo condannò a vagare per sempre.

01 23 BNC Banco Rari 39 f 135 r

Nella miniatura, Dante e Virgilio camminano sul Cocito. I traditori sono imprigionati nella distesa ghiacciata. - Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Banco Rari 39, c. 135r.

«Ditemi, voi che sì strignete i petti»,
diss’io, «chi siete?». E quei piegaro i colli;
e poi ch’ebber li visi a me eretti,
li occhi lor, ch’eran pria pur dentro molli,
gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse
le lagrime tra essi e riserrolli.

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 32, 43-48

Seconda zona: Antenora (Inf. 33)
Traditori della patria
II

Dante e Virgilio avanzano nell’oscurità, verso il centro dell’Inferno. Inavvertitamente, Dante calpesta la testa di un dannato, che lo sgrida.

«Vivo son io, e caro esser ti puote»,
fu mia risposta, «se dimandi fama,
ch’io metta il nome tuo tra l’altre note».
Ed elli a me: «Del contrario ho io brama.
Lèvati quinci e non mi dar più lagna,
ché mal sai lusingar per questa lama!».
Allor lo presi per la cuticagna,
e dissi: «El converrà che tu ti nomi,
o che capel qui sù non ti rimagna».

PASSO DELLA COMMEDIA : Inf. 32, 91-99

Il poeta allora lo interroga, per conoscere la sua identità, ma quello si rifiuta: non vuole che la sua fama di traditore venga riportata sulla terra. Dante lo prende per i capelli, minacciandolo, ma quello non parla. Un altro dannato risponde alle grida di quello torturato da Dante, chiamandolo per nome: Bocca degli Abati. Dante lo riconosce allora come ghibellino fiorentino.

01 i22 Mc Gill Incun 1487 Dante p 1 merged layers

Conclusione del canto XXXI e inizio del XXXII. Nella xilografia, Dante e Virgilio nel Cocito. - Comento di Christophoro Landino fiorentino sopra la Comedia di Dante Alighieri poeta fiorentino, Brescia, Bonino Bonini, 1487, f. rr. McGill Rare Books and Special Collections, Incun 1487 Dante.

Adirato per il proprio disvelamento, Bocca inizia ad elencare i nomi dei dannati che sono intorno a lui, cosicché Dante possa ricordare anche loro e i loro tradimenti.

La seconda zona del nono cerchio prende il nome da Antenore, principe troiano. Secondo la tradizione medievale, fu traditore della propria città: fu lui a favorire l’entrata dei Greci nella città di Troia, aprendo il portellone del cavallo in cui essi erano nascosti.

Per questo, ebbe salva la vita, poté sfuggire alla caduta di Troia e rifugiarsi in Italia settentrionale. Secondo la leggenda, qui fondò la città di Padova.

Tra gli altri, due dannati sono bloccati nella stessa fessura nel ghiaccio. Uno morde la testa dell’altro, rosicchiando fino al cervello. Il morsicatore si rivela essere il conte Ugolino della Gherardesca, podestà di Pisa.

Ugolino non vuole attardarsi sulle ragioni della propria dannazione, ma preferisce raccontare la sua morte. Decide di ricordare di come lui, guelfo, fu ingannato dal vescovo di Pisa, il ghibellino Ruggieri degli Ubaldi di cui ora mastica il cranio

La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a’capelli
del capo ch’elli avea di retro guasto.
Poi cominciò: «Tu vuo’ ch’io rinovelli
disperato dolor che ’l cor mi preme
già pur pensando, pria ch’io ne favelli.
Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo,
parlar e lagrimar vedrai insieme.

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 33, 1-9.

Decide, Ugolino, di rinnovare il suo dolore e di dire a Dante di come egli fu rinchiuso insieme ai quattro figli in una torre, e lasciato a morir di fame con essi.

 

Finita la sua storia, sperando che essa porti infamia a chi lo fece morire, Ugolino torna ad addentare il compagno e traditore Ruggieri.

01 i21 Ude M 85115 Di Fli p 434 merged layers

Canto XXXIII dell’Inferno, in italiano e in francese. - Dante Alighieri, L’Enfer mis en vieux langage françois et en vers accompagné du texte italien, tradotto da Émile Littré, Paris, Hachette, 1879, pp. 434-435. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares, Collection générale, 851.15 Di.Fli.

01 i23 Ude M 85104 F234g p 241

Riassunto in forma poetica degli ultimi tre canti dell’Inferno. - Thomas D. J. Farmer, The Great Poets of Italy in Prose and Verse, Briggs, Toronto, 1916, p. 241. Université de Montréal, Centre de conservation Lionel-Groulx, 851.04 F234g.

Terza zona: Tolomea (Inf. 33)
Traditori degli ospiti
III

I traditori degli ospiti sono dannati nella terza zona del nono cerchio. La loro nuca è bloccata nel ghiaccio, le lacrime non possono scorrere e ristagnano gelando gli occhi.

01 i24 Le Nationaliste 1913 06 01 2

Seconda pagina del « Nationaliste » del 1° giugno 1913. Nella colonna di destra, traduzione del canto XXXIII dell’Inferno.

Cieco, un dannato si rivolge a Dante: è frate Alberigo da Faenza, che invitò due suoi parenti a un banchetto solo per ucciderli.

Anche se è ancora vivo, la sua anima è già sprofondata in Inferno, tanto la sua colpa è grande. Il suo corpo umano, su terra, è abitato ormai da un diavolo.

Chi sia il Tolomeo che dà il nome alla terza zona del Cocito, non è detto. Forse si tratta del Tolomeo governatore di Gerico, di cui la Bibbia dice che invitò a banchetto il suocero e i figli allo scopo di ucciderli. O forse è quel Tolomeo re d’Egitto e fratello di Cleopatra, che ospitò e uccise a tradimento il romano Pompeo, nemico di Giulio Cesare.

E un de’ tristi de la fredda crosta
gridò a noi: «O anime crudeli,
tanto che data v’è l’ultima posta,
levatemi dal viso i duri veli,
sì ch’io sfoghi ’l duol che ’l cor m’impregna,
un poco, pria che ’l pianto si raggeli».
Per ch’io a lui: «Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna,
dimmi chi se’, e s’io non ti disbrigo,
al fondo de la ghiaccia ir mi convegna».

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 33, 109-117

Quarta Zona (Inf. 33-34)
Giudecca
Traditori dei benefattori
IV

Dante e Virgilio scendono verso la parte più bassa dell’Inferno. Sotto i loro piedi, i traditori dei benefattori trovano eterna sofferenza nelle profondità del lago gelato.

 

Avvolto dal vento glaciale, infreddolito fino alle ossa, Dante arriva dinanzi a Lucifero.

Immenso e imponente, Lucifero è bloccato al centro della terra.

 

Solo il busto emerge dal lago ghiacciato.

 

Egli è l’angelo ribelle a Dio, da Dio vinto e scagliato sulla Terra.

La sua caduta formò l'Inferno.

01 i26 Ude M PQ4302 B96 p 309v cropped

Illustrazione che mostra Dante e Virgilio davanti a Lucifero. - Dante con l’espositioni di Christoforo Landino et d’Alessandro Vellutello sopra la sua Comedia dell’Inferno, del Purgatoiro e del Paradiso, Venezia, Fratelli Sessa, 1596, p. 309v. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection générale, PQ4302 B96.

Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s’aggelava.
Con sei occhi piangea, e per tre menti
gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co’ denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 34, 49-57

Virgilio indica a Dante le tre facce di Lucifero e le sei ali non più di angelo ma di pipistrello. Muovendole, egli congela il Cocito.

Nelle sue tre bocche, Lucifero mastica i traditori per eccellenzaLe due teste laterali maciullano Bruto e Cassio, che tradirono Giulio Cesare e organizzarono il suo omicidio al senato di Roma. La testa centrale morde Giudia Iscariota, l’apostolo che tradì Gesù.

01 i25 Ude M PQ4302 F021902 P 137

Dante e Virgilio davanti a Lucifero. Nel lago del Cocito si intravedono le anime dei traditori dei benefattori, incastrati nel ghiaccio (illustrazione di Vincenzo La Bella). - La Divina Commedia: novamente illustrata da artisti italiani, Firenze, Alinari, 1902-1903, p. 132. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection générale, PQ 4302 F02 1902.

Null’altro resta da vedere in Inferno.
Virgilio e Dante si avvicinano alla vita di Lucifero. Virglio si aggrappa al pelo di Lucifero e prende a scendere nella fessura in cui è incastrato il primo dei diavoli. Dante lo segue e scende nel buio della cavità.
Giunti all’altezza della coscia, la gravità si inverte e la discesa diventa una salita. I due viandanti hanno attraversato il centro della terra.
«Lèvati sù», disse ’l maestro, «in piede:
la via è lunga e ’l cammino è malvagio,
e già il sole a mezza terza riede».

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 34, 94-96

Dante e Virgilio arrivano a una caverna naturale.
Iniziano a salire, nel buio del cammino e nella scomodità del passo.
Percorrono tanta strada quanto la profondità della cavità infernale.
Attraversano le viscere dell’altro emisfero.
Lo scorrere di un ruscelletto annuncia l’approssimarsi dell’esterno.

La luce.

Dante e Virgilio sono fuori dall’Inferno.

Escono in superficie, a riveder le stelle.

Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto
d’un ruscelletto che quivi discende
per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso,
col corso ch’elli avvolge, e poco pende.
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.

PASSO DELLA COMMEDIA: Inf. 34, 127-139

Purgatorio