Parev’a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e pulita,
quasi adamante che lo sol ferisse.
Per entro sé l’etterna margarita
ne ricevette, com’acqua recepe
raggio di luce permanendo unita.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pd. II, 31-36

Dante e Beatrice si immergono in una sorta di nube luminosa e lucida: sono arrivati nella sfera celeste più vicina alla terra, il cielo della Luna. Le anime dei beati appaiono a Dante come immagini evanescenti, come sembianze umane riflesse in acque terse

 

L’anima della fiorentina Piccarda Donati dialoga col poeta, raccontando di come, fattasi suora, venne costretta dal fratello Corso a rinunciare al velo e a sposarsi. Ella indica anche lo spirito di Costanza d’Altavilla, madre dell’imperatore Federico II, alla quale toccò simile sorte.

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Nella miniatura, Dante e Beatrice parlano con Piccarda Donati e Costanza d’Altavilla. - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 40.1, c. 219r.

Beatrice spiega che tutte le anime dei beati che incontreranno nei cieli del Paradiso risiedono in realtà nell’Empireo, vicino a Dio. Se Dante le incontra disseminate nei diversi cieli del Paradiso, è per fargli comprendere meglio la gerarchia delle beatitudini.

Dante ha raggiunto luoghi mai percorsi dai vivi. Fin da subito, egli è invaso da dubbi e domande sulle leggi che regolano il Paradiso, sulla natura delle virtù e della beatitudine, sulla dottrina cristiana. Come in vere e proprie lezioni di teologia, Beatrice incalza l’allievo e risponde ai suoi quesiti. E allora, arrivato nel cielo della Luna, Dante chiede ragione delle macchie scure che costellano la superficie dell’astro. Beatrice gli spiega come le influenze celesti si spandano in misura diversa sui cieli del Paradiso. La Luna, in quanto sfera celeste più distante da Dio e più vicina alla terra, è anche la meno perfetta.

Di fronte alle anime che mancarono ai voti, Dante chiede ragione del giudizio divino sulla volontà di Piccarda, costretta a rinunciare al velo monacale con la violenza. Per rispondere al dubbio di Dante, Beatrice spiega la differenza dottrinale tra la volontà assoluta, che cerca in ogni modo di rispettare un voto e nulla concede al male, e la volontà relativa, che acconsente al male minore per timore di un male più grave. Piccarda e Costanza fecero prova di volontà relativa, perché non si ribellarono alla violenza. Pur valida la distinzione, esse meritano il Paradiso perché tennero fede in cuor loro al voto fatto.

L’ultimo dubbio di Dante è se si possa cambiare il contenuto di un voto. Beatrice fa le necessarie distinzioni per chiarire che l’essenza del voto, cioè il patto con Dio, non può essere mutato, mentre la materia del voto, a determinate condizioni, può cambiare.