Voci, come folate di vento, oltrepassano Dante e Virgilio, pronunciando brevi frasi. Ciascuna ricorda una storia o un esempio di carità.

Sulla cornice seconda, le anime degli invidiosi siedono addossati alla parete di roccia. Indossano un cilicio e hanno le palpebre cucite col fil di ferro. Tra di esse, Dante si intrattiene con Sapia senese, che sconta qui il fatto d’aver gioito di una sconfitta dei suoi concittadini. Ella chiede a Dante di riportare notizia della sua condizione di purgante ai propri cari.

Dante e Virgilio interrogano altre anime, che offrono lo spunto per condannare la degenerazione morale delle città toscane. Mentre procedono oltre i purganti, altre voci invisibili invocano esempi di invidia punita. 

I viandanti raggiungono la scala per la terza cornice. Un angelo arriva a togliere una P dalla fronte di Dante.

Ed ella a me: «Chi t’ha dunque condotto
qua sù tra noi, se giù ritornar credi?».
E io: «Costui ch’è meco e non fa motto.
E vivo sono; e però mi richiedi,
spirito eletto, se tu vuo’ ch’i’ mova
di là per te ancor li mortai piedi».
«Oh, questa è a udir sì cosa nuova»,
rispuose, «che gran segno è che Dio t’ami;
però col priego tuo talor mi giova.
E cheggioti, per quel che tu più brami,
se mai calchi la terra di Toscana,
che a’ miei propinqui tu ben mi rinfami.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 13, 139-150

02 i09 Ude M PQ4302 F021902 p 56

Dante e Virgilio davanti a Sapia senese e agli invidiosi. - La Divina Commedia: novamente illustrata da artisti italiani, Firenze, Alinari, 1902-1903, Purgatorio, p. 156. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection générale, PQ 4302 F02 1902.