Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
e canterò di quel secondo regno
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 1, 1-6

La notte si fa più azzurra a oriente, Venere è nella costellazione dell’Acquario e quattro stelle sconosciute e luminose brillano nel firmamento dell’emisfero australe. 

Gli occhi rivolti al cielo, i due viandanti emergono dalle profondità della Terra, agli antipodi del mondo conosciuto. Si ritrovano alla base di una montagna circondata dalle acque:

il Purgatorio.

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Dante, Virgilio e Catone l’Uticense davanti alla montagna del Purgatorio. Le quattro stelle brillano nel cielo. - Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, XIII.C.1, c. 90r.

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La barca metaforica della poesia lascia il mare crudele dell’Inferno per navigare sulle acque più calme del Purgatorio. - Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 40.3, c. 83r.

Dolce color d’oriental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro infino al primo giro,
a li occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta
che m’avea contristati li occhi e ’l petto.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 1, 13-18

(Pg. 1-2)
La spiaggetta

Lo sguardo di Dante abbraccia la meraviglia del creato, percorre la sfera celeste e si posa sulle sembianze di un uomo venerabile e canuto, ritto di fianco a lui. La severa figura a guardia del Purgatorio interroga i due viandanti sul come e sul perché escano dall’Inferno percorrendo quell’inusuale cammino. Virgilio riconosce in lui l’anima di Catone l’Uticense, valoroso uomo politico e militare dell’antica Roma, e si premura di riassumergli le ragioni del viaggio di Dante.

02 02 BNC Banco Rari 39 f 143 r details

Disegno (preparatorio?) che rappresenta gli eventi dei primi canti del Purgatorio e la struttura della montagna. - Firenze, Biblioteca Centrale Nazionale, Banco Rari 39, c. 143r.

«Chi siete voi che contro al cieco fiume
fuggita avete la pregione etterna?»,
diss’el, movendo quelle oneste piume.
«Chi v’ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor de la profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 1, 40-45

Catone esorta Dante a purificarsi prima di intraprendere l’ascesa del monte. Mentre scendono verso la spiaggia, Virgilio bagna le mani nella rugiada dall’erba e lava il viso di Dante dalla caligine e dalle lacrime dell’Inferno; sul bordo dell’acqua, gli cinge la vita con un giunco. È l’alba.

Dante e Virgilio si trovano fuori dalle viscere della terra, sulla superficie del globo terrestre. Dopo la perdizione dell’Inferno, il poeta può correre “miglior acque”, raccontare della montagna del Purgatorio e delle anime dei salvati che in essa si purificano. Se le penitenze infernali erano perpetue, quelle purgatoriali sono temporanee: la salvezza eterna e la salita al Paradiso sono la meta ultima dei purganti.

Il primo personaggio che i due viandanti incontrano alla base del monte è, sorprendentemente, un pagano, per di più morto suicida. Marco Porzio Catone, detto l’Uticense, fu strenuo difensore dei valori della Repubblica romana e fermo oppositore di Giulio Cesare. Quando, nel 46 a.C., divenne chiara la vittoria di Cesare, Catone preferì il suicidio alla sottomissione. Forse in virtù della sua scelta di libertà, quasi un martirio, egli riveste il ruolo di guardiano del Purgatorio.

Un vascello si delinea all’orizzonte, spedito e leggero sfiora le acque e arriva alla spiaggia. L’angelo che ne è nocchiero benedice da poppa i suoi passeggeri, li fa sbarcare e torna a scomparire all’orizzonte.

Le anime appena giunte, ignare del cammino da seguire, si rivolgono a Dante e Virgilio, ma essi si dichiarano ugualmente inesperti. Una delle anime riconosce l’amico Dante e si fa avanti per abbracciarlo, senza che lo spirito riesca a cingere il corpo del vivo. È il cantore Casella, che per celebrare l’incontro intona la canzone di Dante Amor che ne la mente mi ragiona. Le dolci note allietano i viandanti, ma Catone sopraggiunge e rimprovera l’attardarsi della combriccola, che subito si disperde.

Ecco l’angel di Dio: piega le mani;
omai vedrai di sì fatti officiali.
Vedi che sdegna li argomenti umani,
sì che remo non vuol, né altro velo
che l’ali sue, tra liti sì lontani.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 2, 29-33

Come Casella racconta a Dante, l’angelo nocchiero ha imbarcato le anime alla foce del fiume Tevere – non lontano dalla sede della Santa Romana Chiesa – e le ha scortate attraverso l’oceano fino alla spiaggetta del Purgatorio. Il viaggio verso la beatitudine si accompagna alla gioia del canto: prossime a sbarcare, le anime intonano in coro il salmo di liberazione In exitu Isräel de Aegypto.

L’angelo nocchiero è l’alter ego positivo del traghettatore di dannati Caronte, così come Catone lo è del giudice infernale Minosse. Tanto nella struttura, quando nei ruoli dei rispettivi funzionari, la montagna del Purgatorio riflette, invertita, la voragine dell'Inferno. Se, però, l’abisso è sede eterna e immutabile delle anime punite, il secondo regno dell’Aldilà è un luogo di transito e di cammino di espiazione, l’ultima tappa prima del Paradiso. La sollecitudine alla salita è, quindi, d’obbligo, perché la meta finale è la gloria eterna. Quando Catone rimprovera le anime ammaliate dal canto di Casella, ne sta biasimando il temporeggiamento, l’indugio, la negligenza che poco si adatta al luogo.

02 i01 Ude M PQ4213 A3 1532 Mc Gill p 38 r 39 v

Ultima parte di Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete e inizio di Amor che ne la mente mi ragiona, entrambe canzoni di Dante. - Rime di diversi antichi autori toscani in dieci libri raccolte, Venezia, Giovanni Antonio e Fratelli da Sabbio, 1532, pp. 38v-39r. McGill Rare Books and Special Collections, PQ4213 A3 1532.

Noi eravam tutti fissi e attenti
a le sue note; ed ecco il veglio onesto
gridando: «Che è ciò, spiriti lenti?
qual negligenza, quale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch’esser non lascia a voi Dio manifesto».

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 2, 118-123

(Pg. 3-4)
Anime lente
Morti scomunicati

Le anime di coloro che, in vita, furono scomunicati dalla Chiesa di Roma e che, scomunicati morirono, vagano con lentezza ed esitazione nell’Antipurgatorio. Prima di poter accedere al Purgatorio vero e proprio, queste anime lasciano trascorrere trenta volte il tempo che vissero scomunicate in terra.

Dante e Virgilio, alla ricerca di un percorso agevole per salire il monte, si avvicinano agli scomunicati per interrogarli. Tra di essi l’anima di Manfredi, re di Sicilia e figlio illegittimo dell’imperatore Federico II, prega Dante di portare alla figlia Costanza la notizia della sua salvezza e la richiesta di pregare per lui. Solo la preghiera dei vivi è, infatti, capace di ridurre il tempo che ogni anima deve trascorrere in Purgatorio.

Vero è che quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch’al fin si penta,
star li convien da questa ripa in fore,
per ognun tempo ch’elli è stato, trenta,
in sua presunzion, se tal decreto
più corto per buon prieghi non diventa.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 3, 136-141

Mentre il sole si leva più alto sull’orizzonte, Dante contempla l’ombra che il suo corpo produce e si sorprende di non trovare affiancata quella di Virgilio.

È l’occasione per la guida di spiegare che le anime dei morti non sono corpi materiali e non schermano i raggi solari, pur avendo aspetto visibile e sensibilità alle pene. Virgilio non proietta un’ombra e, per lo stesso principio, non la proiettano le anime dei purganti. Gli scomunicati, da par loro, esitano di fronte all’ombra che la figura del poeta disegna a terra, perché riconoscono in essa il segno di un corpo vivente.

02 i02 Ude M PQ4302 F021902 P 11 details

Dante e Virgilio davanti a Manfredi e alle anime dei morti scomunicati. - La Divina Commedia: novamente illustrata da artisti italiani, Firenze, Alinari, 1902-1903, Purgatorio, p. 11. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection générale, PQ 4302 F02 1902.

(Pg. 4-5)
Anime lente
a pentirsi

Seguendo le indicazioni delle anime scomunicate, i due viandanti intraprendono la scalata della parete rocciosa, inerpicandosi con mani e piedi. Giunti a un ripiano del terreno, Virgilio rassicura Dante che la salita diventerà via via più agevole. La voce di un’anima interrompe la spiegazione e Dante riconosce l’amico Belacqua.

Insieme alle anime di coloro che in vita tardarono a pentirsi, prima di poter salire la montagna Belacqua trascorre seduto a terra, all’ombra di grandi massi, tanti anni quanti furono quelli che visse nel peccato.

«Ma se a te piace, volontier saprei
quanto avemo ad andar; ché ’l poggio sale
più che salir non posson li occhi miei».
Ed elli a me: «Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave;
e quant’om più va sù, e men fa male.»

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 4, 85-90

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Dante e Virgilio parlano con Belacqua e le altre anime che hanno tardato a pentirsi (incisione di Gustave Doré). - Le Purgatoire de Dante Alighieri avec les dessins de Gustave Doré, Paris, Hachette, 1885, p. 20. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection Étienne-Bartin, BARTIN 4038.

Interrogato da Dante sulla sua condizione, Belacqua spiega che solo le preghiere sincere dei viventi possono aiutare le anime a ridurre il tempo di permanenza nel Purgatorio. Gli spiriti purganti chiedono perciò a Dante di riportare il loro nome nel mondo dei vivi, in modo che amici e parenti del defunto possano fare il possibile perché l’anima raggiunga quanto prima la gloria eterna del Paradiso.

(Pg. 5-7)
Anime lente
Morti di morte violenta

Dante e Virgilio si inerpicano sulla parete di roccia e, giunti a uno spiano, vengono intercettati da una processione di anime. Son coloro che morirono di morte violenta e che, solo in fin di vita, si riconciliarono con Dio. Gli spiriti si affollano intorno a Dante e questi si offre di raccogliere i loro nomi e le loro storie, per riportarle nel mondo dei vivi.

Una volta ascoltate le vicende di ciascuno, Dante e Virgilio si rivolgono a un’anima solitaria per conoscere il cammino da percorrere. La spirito, che si identifica come il poeta Sordello da Goito – città vicina a Mantova – riconosce in Virgilio un conterraneo mantovano, che abbraccia. Il genuino entusiasmo di Sordello nel ritrovare un conterraneo suscita in Dante un’amara invettiva contro le divisioni e le discordie che dilaniano l’Italia.

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Quell’anima gentil fu così presta,
sol per lo dolce suon de la sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa;
e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
di quei ch’un muro e una fossa serra.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 6, 76-84

02 i04 Ude M 85115 B173v p 183

Passo del discorso sull’Italia e su Firenze nel canto VI del Purgatorio. - Cesare Balbo, Vita di Dante, Firenze, Le Monnier, 1853, p. 183. Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection générale, 851.15 B173v.

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Frontespizio del primo volume della Commedia di Dante commentata dal poeta Ugo Foscolo, qui ritratto. La prefazione fu scritta da Giuseppe Mazzini. - La Commedia di Dante Allighieri illustrata da Ugo Foscolo, vol. 1, London, Rolandi, 1842. McGill Rare Books and Special Collections, OCTAVO-8674.

Tra i molti che si rivolgono a lui, Dante riporta il discorso di tre spiriti morti di morte violenta. Il primo è Jacopo del Cassero, alleato di Firenze che partecipò insieme a Dante alla battaglia di Campaldino del 1289. Il secondo è Bonconte da Montefeltro, figlio del conte Guido che si trova tra i consiglieri fraudolenti in Inferno. La terza è Pia da Siena, morta per mano del marito e prima anima purgante di donna a rivolgersi a Dante.

Fuori dal capannello di anime che attorniano Dante e Virgilio, Sordello resta in disparte, altero e disdegnoso. Interpellato, egli accompagna i due viandanti per un tratto di strada, spiegando come le anime lente e negligenti, come lui, attendono di poter attraversare la porta del Purgatorio, vagando nella zona antistante, l’Antipurgatorio. Sordello aggiunge che non è possibile salire la montagna durante la notte, a simboleggiare che il cammino di salvezza non può continuare senza la luce della Grazia. Al calar delle tenebre, dovranno dunque fermarsi.

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Manifesto realizzato da Costantino Giovanni per pubblicizzare il “prestito della vittoria” per finanziare la Prima Guerra mondiale. - Université de Montréal, Bibliothèque des livres rares et collections spéciales, Collection d’affiches de guerre.

(Pg. 7-9)
Anime lente
Principi negligenti

L’anima di Sordello accompagna Dante e Virgilio in una valletta fiorita che si apre nel fianco della montagna. Qui risiedono i prìncipi negligenti, che in vita trascurarono Dio a causa delle occupazioni del governo.

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Nel disegno in margine, Sordello accompagna Dante e Virgilio nella valle dei principi negligenti, dove i poeti assistono al combattimento degli angeli contro il serpente. - Napoli, Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, XIII.C.4, cc. 31v-32r.

Mentre il sole scende all’orizzonte, le anime dei prìncipi si raccolgono nel canto liturgico. Tre stelle illuminano il cielo. D’improvviso un serpente appare nella valle e due angeli armati di spade fiammeggianti si lanciano a scacciarlo. La scena – allegoria del bene che sempre vince il male – si ripete ogni sera in quel luogo. Scende la notte e Dante si addormenta.

Tra l’erba e ’ fior venìa la mala striscia,
volgendo ad ora ad or la testa, e ’l dosso
leccando come bestia che si liscia.
Io non vidi, e però dicer non posso,
come mosser li astor celestiali;
ma vidi bene e l’uno e l’altro mosso.

Extrait Pg. 8, 100-105

Nella valletta fiorita, Sordello indica a Dante le anime di molti principi vissuti nella seconda metà del Duecento. Tra di essi, i poeti si fermano a discutere con Nino Visconti, giudice di Gallura e podestà di Pisa, e con Corrado Malaspina. Dante si lancia in un appassionato elogio della famiglia dei Malaspina, lodandone le virtù guerresche e la generosità. Corrado, in grado di vedere gli accadimenti futuri, profetizza a Dante che entro sette anni lui stesso sarà accolto in casa Malaspina durante il suo esilio.

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Conclusione del canto VII e inizio dell'VIII del Purgatorio, con la nota manoscritta “exquisite opening, says Macaulay”. - Dante Alighieri, The Divine Comedy, London, Routledge, 1867, pp. 270-271. McGill Rare Books and Special Collections, PQ4315 L7 1867.

(Pg. 9)
Porta del Purgatorio

In sogno, Dante è trascinato nel cielo da una maestosa aquila dalle penne d’oro. Quando il volo si spinge fino alla sfera del fuoco, cacciatore e preda iniziano a bruciare. L’incendio sognato risveglia Dante, che trova Virgilio a tranquillizzarlo, ancora al suo fianco. La guida gli spiega che santa Lucia è scesa dal Paradiso alla valletta fiorita subito dopo l’alba e ha trasportato Dante, dormiente, in una parte più alta della montagna.

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Nell’iniziale miniata che apre il canto IX del Purgatorio, Dante e Virgilio sono davanti alla porta del Purgatorio e all’angelo guardiano. - Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Banco Rari 39, c. 182v.

I due viandanti riprendono il cammino e si avviano verso la porta del Purgatorio. Un angelo siede sulla soglia, la spada in pugno

Egli interroga Virgilio, che spiega le ragioni della loro venuta. L’angelo concede il permesso di avanzare e i due poeti salgono i tre scalini di pietra davanti alla porta. Il primo è di marmo così bianco che riflette a Dante la sua immagine, il secondo di pietra nera e il terzo di porfido rosso. Dante si inginocchia e chiede umilmente l’apertura della porta. L’angelo incide sette “P” sulla fronte di Dante, una per ogni colpa che si lava in Purgatorio; poi prende due chiavi, una d’oro e una d’argento, e apre la porta alle sue spalle. Senza voltarsi indietro, Dante e Virgilio entrano nel Purgatorio.

Divoto mi gittai a’ santi piedi;
misericordia chiesi e ch’el m’aprisse,
ma tre volte nel petto pria mi diedi.
Sette P ne la fronte mi descrisse
col punton de la spada, e «Fa che lavi,
quando se’ dentro, queste piaghe», disse.

PASSO DELLA COMMEDIA: Pg. 9, 109-114

Già all’inizio del viaggio di Dante, Santa Lucia aveva giocato un ruolo importante: in Paradiso era stata lei, su mandato di Maria Vergine, ad avvertire Beatrice che Dante era in pericolo. Grazie a lei, Beatrice era scesa fino al Limbo per inviare Virgilio a recuperare Dante nella selva oscura. In Purgatorio, santa Lucia trasporta il poeta dormiente dalla valletta fiorita fino al limitare della porta del Purgatorio, risparmiandogli una parte della salita. L’aiuto è tanto fisico quanto allegorico, e rende Lucia il simbolo della Grazia divina che aiuta il fedele.

La porta del Purgatorio segna la separazione tra le anime lente dell’Antipurgatorio e le sette cornici che compongono il Purgatorio vero e proprio. Il passaggio dei due viandanti si svolge come una sorta di rituale penitenziale. L’angelo interroga Virgilio sulle regioni della loro venuta e acconsente a farli passare. Dante e Virgilio salgono i tre scalini che li separano dalla porta: il primo è di marmo bianco e riflette l’immagine di Dante, il secondo in pietra nera e il terzo in porfido rosso. Essi rappresentano simbolicamente le fasi del sacramento: contrizione, confessione e penitenza. Dante si colpisce tre volte il petto, si inginocchia e domanda misericordia. L’angelo gli incide le sette “P” sulla fronte, prende le due chiavi che san Pietro gli ha donato, una d’argento e l’altra d’oro, e apre la pesante porta che sembra fatta di diamante.

L'angelo avvisa i due viandanti di non voltarsi: l’anima salva non deve tornare indietro, ma continuare senza esitazioni il viaggio verso il Paradiso.